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CINQUE MESI DI VOLONTARIATO IN AMAZZONIA:

Il racconto di Gaizka


Il mio viaggio ha avuto inizio prima ancora di andare in Ecuador, quando stavo finendo la stesura della mia tesi di laurea, e ho sentito parlare della possibilità di andare nell’Amazzonia ecuadoriana. Non ci avevo ancora pensato troppo, ma avevo già iniziato a sognare questa eventuale opportunità.


Dopo il mio anno di Erasmus nel nord della Norvegia, durante il quale ho unito definitivamente i miei interessi per la giustizia sociale a quella ambientale, mi sono sempre più dedicato agli studi sugli indigeni, alle loro lotte di autodeterminazione per il recupero e la difesa dei territori e delle risorse in cui hanno vissuto da generazioni. Per tutti questi motivi, ho ritenuto che poter vivere con una famiglia Kichwa, fosse una grande occasione per me, per imparare e realizzare quel mio desiderio che avevo fin dai tempi dell’università. E “detto-fatto” sono finito a vivere circa 100 giorni con la famiglia Coquinche e diversi membri dell'Asociación Agropecuaria Mishki Runa e di AMUPAKIN.


Per questo tipo di esperienza era necessaria una mentalità aperta e adattabile, sapendo che si sarebbero dovuti affrontare dei cambiamenti e che ci si sarebbe ritrovati in un ambiente diverso e sconosciuto. Più si ama l'avventura sentendosi adattabili, più si potrà godere questa esperienza.


Anche se mi ero preparato per un mese e non vedevo l'ora di partire, ricordo che i primi 10 giorni là in Amazzonia, sono stati più difficili del previsto, ma letteralmente solo 10 giorni, proprio il tempo necessario per il mio corpo e la mia mente ad abituarsi al luogo, all'ambiente, alle persone.


Bisogna tenere conto che ci si trova in un altro continente, che si vive con persone con cultura, usi, costumi, tradizioni e persino pensieri diversi, a cui si aggiunge un clima molto estremo e mutevole, assolutamente diverso da quello di origine! Elaborando dunque questi elementi e imparando ad essere più consapevoli, si incomincia molto presto a godere del viaggio e dell’esperienza.


Nel mio caso, e volendo scrivere questo articolo un paio di settimane dopo il mio ritorno per essere più obiettivo, posso dire che è stata un'esperienza totalmente positiva in cui, come immaginavo, ciò che ho fatto di più è stato imparare. Imparare e memorizzare le tecniche di carpenteria e costruzione, il comportamento degli animali della giungla, differenziare piante e alberi, apprendere i loro diversi usi, conoscere i raccolti, imparando a interpretare il cielo e le sue manifestazioni climatiche, anticipando le piogge, seguire processo di post-raccolta del cacao e tutto ciò che lo circonda, sono state lezioni fantastiche, uniche e indimenticabili.


Ho apprezzato molto anche le lunghe chiacchierate con le varie persone, soprattutto con Gerardo. Durante questi colloqui ci siamo scambiati conoscenze, storie e aneddoti che ci hanno reso più consapevoli delle reciproche realtà e del nostro luogo di origine, nonché dei diversi usi e costumi che abbiamo nel nostro Paese. Ogni volta che andavo a letto, dopo una di queste occasioni, sentivo che stavo diventando un po' più maturo e informato di quanto non fossi prima, ed è stato qualcosa di cui sono stato grato ogni volta che ripenso al mio viaggio.


Grazie a lui e a Txuri in particolare, ho imparato molto sulla bioedilizia e sulle costruzioni più normative, insieme abbiamo fatto molti progressi nell’elaborazione del processo di post-raccolta del cacao; al mio arrivo il tetto del centro raccolta era appena stato finito, quando sono ripartito avevamo già innalzato tutti i piani dell’edificio, con le pareti costruite!


Senza dubbio, la motivazione e l’allegria di tutte le persone con cui ho lavorato è qualcosa che ricorderò sempre. Soprattutto mi ha colpito Gerardo con i suoi quasi 60 anni, la sua forza, la sua positività e il suo buon umore sono state le motivazioni principali per iniziare qualsiasi giornata e per continuare qualsiasi lavoro necessario. La sua grande ambizione, a volte eccessiva, era la forza motrice per andare avanti senza sosta e per realizzare un sogno in grado di dare stabilità economica ad un’intera famiglia.


Fin dall’inizio ho prestato attenzione a tutto ciò che veniva fatto e a ciò che mi veniva detto, in modo da poterlo riprodurre in seguito e col tempo, e addirittura trasmetterlo agli volontari temporanei arrivati qualche tempo dopo. Li ho accolti e portati in giro, e proprio in quel momento mi sono reso conto che in realtà sapevo più di quanto pensassi e che in poche settimane avevo appreso molto bene l’intero processo di raccolta e post-raccolta del cacao. Era bellissimo conoscere ogni parte della filiera del cacao.


Iniziare e terminare le giornate immersi nella natura era una sensazione meravigliosa.

La pioggia e tutto ciò che comportava, ricordo che, era stata una delle cause di maggior difficoltà per ambientarsi. Erano giorni in cui sembrava che tutto rallentasse e che non si potesse uscire dalla piccola baracca in cui dormivo e che dovessi trovare per forza qualcosa con cui intrattenermi. Anche il ritmo di vita era totalmente diverso da quello caotico occidentale e proprio in quei momenti mi sono reso conto che, essendo abituato a quest’ultimo, mi sentivo inquieto e ansioso. Avendone preso consapevolezza però, la situazione è cambiata e ho iniziato ad apprezzare e a valorizzare il nuovo ritmo di vita e i suoi momenti più lenti o tranquilli, per dedicarli a me stesso o alla cura reciproca delle persone con cui vivevo.


Più passava il tempo e più mi sentivo a mio agio nell’ambiente, tra la gente e nella vita quotidiana nell’Amazzonia ecuadoriana. Mi piacevano le passeggiate nella giungla, alla ricerca di papaye, naranjillas, piante verdi o animali vari. Mi divertivo anche durante le gite in boa sul fiume Napo nelle giornate calde e soleggiate dopo ore di duro lavoro, o semplicemente un giro in bicicletta fino alla spiaggia di Misahualli per godermi un po’ di tranquillità.


Vorrei anche ricordare il tempo trascorso in AMUPAKIN e quello condiviso con Giacomo. È stato un onore poter avere con lui numerose conversazioni costruttive su una miriade di questioni e problemi, nonché apprendere molte cose da lui attraverso le sue esperienze in Amazzonia ecuadoriana lunghe 7 anni.

In poco tempo e grazie all'ambiente circostante, mi sono sentito quasi a casa, tanto quanto ci si può sentire a casa “uccidendo uno scarafaggio volante gigante” :D. Come già immaginavo, sono stato una spugna, perché ho assorbito conoscenze impensabili, offerte dalla comunità Kichwa.


Vorrei menzionare anche un aspetto discusso molte volte con Giacomo e cioè la mia percezione delle persone di diverse origini . Spesso, e a partire dalla retorica paternalistica dell'Occidente, vediamo o crediamo che i popoli indigeni con i loro valori, principi e costumi siano un insieme omogeneo e presente in certe parti del mondo; in realtà questi popoli, così diversi dalle nostre concezioni, possono essere molto diversi tra loro, nelle diverse comunità, province e Paesi. Ho capito quindi di come l'intero mondo indigeno venga idealizzato in alcuni studi e settori, mentre invece ognuno di questi popoli dovrebbe essere analizzato e compreso separatamente, con la propria storia, la propria eventuale colonizzazione subita.


Dopo questa breve riflessione posso concludere dicendo che rivivrei questa esperienza ancora e ancora. Per me una grande opportunità di apprendimento e sono anche fiero e soddisfatto per aver fatto parte dell’associazione Mishki Runa, una Comunità che sta lottando con grande forza, energia e slancio per ridare dignità e valore al proprio lavoro e a quello degli agricoltori, anche a nome della loro storia e dei loro antenati.

Come disse in un libro un certo italiano che visse a Tena per un certo periodo... in Amazzonia i giorni passano lentamente, ma il tempo passa velocemente, e così è stato. Spero prima o poi di tornare per rivedere tutte le persone che ho conosciuto lì e gioire insieme a loro per tutti i progressi svolti!


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