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#l'ingredientedelmese: L'ISHPINGU.

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Come accennato nel precedente articolo, la pianta di cui vi parlerò questo mese è la cosiddetta cannella amazzonica, in Kichwa, ma anche comunemente nello spagnolo ecuadoriano, Ishpingu.


Durante la conquista del Regno di Quito da parte degli spagnoli, arrivò all'orecchio dei conquistatori la leggenda del “País de El dorado y la canela”.

Gli indigeni della regione degli altipiani raccontavano che nella misteriosa regione orientale esisteva un regno con templi e palazzi fatti interamente d'oro e completavano la leggenda dicendo che in questa regione cresceva inoltre un'infinità di alberi di cannella.

Tutto ciò stimolò la curiosità degli spagnoli che nel 1538 organizzarono una spedizione, capeggiata da Gonzalo Díaz de Pineda, per andare in cerca del leggendario paese di “El dorado".

La spedizione discese faticosamente le Ande e dopo 27 giorni di cammino giunse nella regione amazzonica, alle falde del vulcano Sumaco, dove subì l'attacco di indigeni “selvaggi e quasi del tutto nudi” che costrinsero gli spagnoli a tornare sui propri passi.


Inutile dire che di templi e palazzi d'oro non fu trovata traccia. Quello che però corrispondeva al vero era l'abbondanza di alberi simili alla cannella, tant'è che fino ai giorni nostri la regione di Tena è conosciuta come “Tierra de la guayusa y la canela” come raccontato nel precedente articolo sulla pianta di guayusa.


La spezia mondialmente conosciuta come cannella si ricava dalla corteccia dei rami giovani di varie specie di alberi del genere Cinnamomum, tutte originarie dell'Asia.

La cannella amazzonica o ishpingu invece si ricava da un albero che cresce endemico solo nella parte amazzonica di Colombia ed Ecuador e il cui nome scientifico è Ocotea quixos.


L'ishpingu è un albero della foresta amazzonica che può superare facilmente i 20 metri di altezza. I suoi frutti hanno la forma di una grossa ghianda di circa 5 cm, di colore verde sormontata da quello che viene chiamato “sombrerito”, cappellino, che è la capsula che tiene attaccato il seme al ramo. Tutta la pianta contiene l'aroma caratteristico dell'ishpingu, simile alla cannella ma con note più delicate, ma è proprio nelle capsule secche che la fragranza si accumula in misura maggiore.


Le capsule di ishpingu sono da sempre considerate molto preziose, tanto che in tempi precolombiani erano oggetto di un intenso scambio commerciale, una sorta di moneta, tra le popolazioni delle zone amazzoniche e quelle degli altipiani.

In effetti non è facile ottenerle: un albero di ishpingu inizia a dare frutti solo dopo il quindicesimo anno di età, e solo gli alberi femmina lo fanno. Oltretutto l'ishpingu fiorisce e fruttifica solo una volta ogni 2 anni. Se ciò non bastasse anche la raccolta delle capsule non è facile: infatti quando i semi sono maturi si staccano e cadono a terra mentre la capsula rimane attaccata ai rami, rendendo la raccolta difficile, soprattutto se si tratta di alberi piuttosto alti.


Proprio per la sua difficoltà di reperimento, l'ishpingu non è mai riuscito a imporsi nel mercato mondiale e anche a livello locale il suo uso al giorno d'oggi è piuttosto scarso, soppiantato dalla più economica cannella importata.

Al suo declino contribuisce anche il fatto che gli alberi di ishpingu sono ormai molto scarsi nel bosco a causa dell'eccessivo sfruttamento e della deforestazione degli ultimi decenni. Gli alberi di ishpingu infatti possiedono un legno molto resistente e durevole, immuni agli attacchi di tarli e termiti, proprio grazie agli oli essenziali di cui è impregnato. Perciò, data anche la difficoltà di raccolta delle capsule, molto spesso si preferiva aspettare il momento della fruttificazione e abbattere direttamente l'albero, così da ricavare allo stesso tempo legno da costruzione e capsule, foglie e corteccia per ricavare essenza.


È per queste ragioni che al giorno d'oggi si cerca di rilanciare l'ishpingu come prodotto di eccellenza locale, date le caratteristiche organolettiche superiori a quelle della cannella asiatica, assicurandosi però di avere una gestione sostenibile degli alberi, con un'adeguata rigenerazione naturale, riforestando e includendo un numero maggiore di alberi di ishpingu nei sistemi agroforestali indigeni, per far sì che la regione di Tena e del Napo possa rimanere ancora a lungo “Tierra de la guayusa y la canela”.


GIACOMO RUBINI PER NINA APS


 
 
 

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